L'impegno di Barilla per un grano duro di qualità
4 Maggio 2017
Il nuovo accordo, per la prima volta triennale, tra Barilla e gli agricoltori italiani riguarda 50 fornitori, pari a 5.000 imprese agricole, che grazie a questi contratti potranno accedere ai finanziamenti pubblici e vedere crescere la propria redditività (circa il 25% in più rispetto ai contratti standard). Aumentano i volumi di grano duro sostenibile: +40% nei prossimi tre anni.
Oltre 65.000 gli ettari di superficie destinata alla coltivazione del grano duro.
Le principali regioni coinvolte sono: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Toscana, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania e Puglia.
I nuovi contratti di coltivazione sono il risultato dell’impegno dell’azienda nel rispetto del suo modo di fare impresa: ‘Buono per te, Buono per il Pianeta’.
Assicurare la disponibilità e la qualità del grano duro, migliorando il livello delle produzioni locali e riducendo il ricorso all’import. Aumentare la redditività delle aziende agricole e allo stesso tempo ridurre l’impatto sull’ambiente attraverso l’adozione di pratiche sostenibili. Questi, in sintesi, alcuni dei benefici dei nuovi contratti di coltivazione del grano duro stipulati dal Gruppo Barilla con gli agricoltori italiani per le campagne agrarie 2016-17, 2017-18, 2018-19. L’azienda di Parma, principale trasformatore al mondo di questa materia prima e leader mondiale del mercato della pasta, si è impegnata ad acquistare nei prossimi 3 anni ben 900.000 tonnellate di grano duro italiano.
PER LA PRIMA VOLTA ACCORDI TRIENNALI: NE BENEFICIA TUTTA LA FILIERA
Questo contratto pluriennale garantirà alle imprese agricole di accedere ai finanziamenti del MIPAAF per un importo stanziato di ben 10 milioni di Euro. E di avere una migliore redditività: in media del +25% superiore ai contratti standard grazie anche ad incentivi legati a una produzione di qualità maggiore (pari al 10-15% del prezzo medio del grano). Mentre Barilla, grazie all’applicazione di rigorosi disciplinari di coltivazione, avrà la certezza di ricevere un grano duro di eccellente qualità - per realizzare la miscela di alta qualità di cui ha bisogno per produrre una pasta buona e ‘al dente’ - e ancora più sostenibile. L’accordo infatti prevede l’incremento del +40% dei volumi acquistati da Barilla nell’ambito del progetto ‘grano duro sostenibile’ che passeranno dalle 197.000 tonnellate del 2016 alle 280.000 tonnellate del 2019 (vedi comunicato allegato).
50 FORNITORI E 5.000 AZIENDE AGRICOLE COINVOLTE NELL’ACCORDO
I nuovi contratti di coltivazione - che rappresentano il 40% del grano duro acquistato in Italia dalla Barilla - prevedono un investimento totale da parte del Gruppo di Parma di 240 milioni di Euro (pari a 80 milioni di Euro annui). Riguarderanno oltre 50 fornitori pari a 5.000 aziende agricole, per una superficie destinata alla coltivazione del grano duro di alta qualità di 65.000 ettari, il 6% di quella nazionale. Le regioni coinvolte nell’accordo sono: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Toscana, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania e Puglia. Mentre le varietà top quality seminate sono l’Aureo, lo Svevo e il Pigreco.
“Questo accordo dimostra che c'è un modo virtuoso di sostenere l'agricoltura nazionale della filiera grano-pasta”, afferma Luca Virginio, Responsabile della Comunicazione e delle Relazioni Esterne del Gruppo Barilla. “Attraverso questi contratti di coltivazione riusciremo finalmente ad aumentare la produzione di grano duro italiano di qualità e a remunerare adeguatamente gli agricoltori, che potranno anche programmare al meglio lo sviluppo di mezzi e di risorse. Allo stesso tempo avremo una riduzione dell’impatto ambientale grazie alla crescita del progetto grano duro sostenibile, in linea con la nostra mission ‘Buono Per Te, Buono Per Il Pianeta’ ”.
ITALIA AL 6° POSTO NELL’INDEX DEL ‘THE ECONOMIST’: IL RISCATTO DELL’AGRICOLTURA SOSTENIBILE
Infine è anche grazie a contratti di filiera virtuosi come questo che l’Italia può scalare posizioni nel Food Sustainability Index (FSI), messo a punto dal The Economist Intelligence Unit (EIU) e voluto dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN). Questa speciale classifica ha analizzato le scelte alimentari del pianeta non solo sulla base del ‘gusto’, ma anche del valore complessivo che il cibo rappresenta. Con un verdetto abbastanza sorprendente: l’Italia, infatti, si piazza solo al sesto posto, superata dai cugini francesi che primeggiano, ma anche dall’Inghilterra dove non c’è una vera e propria tradizione alimentare. All’agricoltura sostenibile, dunque, il compito di guidare l’ascesa verso le posizioni più nobili che competono alla nostra Nazione, patria della dieta mediterranea e in possesso di un know-how agroalimentare straordinario.
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